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lunedì 22 aprile 2013

Piccole e medie imprese di successo


I risultati di una ricerca del professor Fernando Alberti della Liuc spiega come innovando ed internazionalizzando anche le PMI possono avere successo.

Il tema della competitività è al centro del dibattito economico e politico ed interessa in particolare le imprese di minore dimensione, più vulnerabili in un contesto di crisi come l’attuale. Non è tanto importante considerare su “cosa” si competa, quanto piuttosto “come” si competa. Ciò che conta è la produttività nell’uso del capitale umano, intellettuale, economico, tecnologico e fisico. Perché cresca la competitività è necessario essere maggiormente competitivi sul fronte della produttività e per esserlo, è necessario lavorare sulla capacità imprenditoriale delle imprese.
L’economia italiana si colloca al 42esimo posto nella classifica della competitività a livello mondiale, secondo le valutazioni del World Economic Forum e soffre, almeno da un decennio, di una marcata e generalizzata contrazione di porzioni di mercato tradizionalmente servite dalle Pmi, sempre più occupate da colossi asiatici. Il rischio principale per le piccole e medie imprese è quello di non riuscire a elaborare proposte strategiche, volte ad intraprendere percorsi di sviluppo.

Donne manager: antidoto anticrisi per le aziende.

Ma la presenza del gentil sesso nei board continua ad essere bassa 



Poche ma molto brave; è il ritratto delle donne manager tracciato da uno studio di Evershed del 2012, che dimostra come, ad oggi, le aziende con il maggior numero di donne in consiglio di amministrazione, abbiano superato meglio la crisi finanziaria. Un’altra analisi, questa volta di Cerved, rileva che una presenza femminile pari almeno al 30% del board, porta a risultati migliori e addirittura dimezza il rischio di insolvenza. Se da un lato si moltiplicano le ricerche che illustrano i benefici per le imprese che hanno donne manager al top, dall’altro il numero di esponenti del gentil sesso in questi ruoli continua ad essere molto basso.

giovedì 4 aprile 2013

La redazione consiglia...


La dittatura delle abitudini
di Charles Duhigg

Spiegare come cambiare le abitudini e migliorare la qualità della propria vita e del propri lavoro, è l’obiettivo del saggio di Charles Duhigg, giornalista del New York Times, inviato di guerra e autore di numerose inchieste giornalistiche. Partendo dal presupposto che le abitudini compongono il 40% del nostro comportamento quotidiano, per poterle modificare occorre identificarne le componenti. Spesso le abitudini sono inconsce, dunque, per cambiarle, bisogna prima diagnosticarle e riprogrammare il proprio modo di agire.
Alla base di ciascuna abitudine, secondo l’autore, si nasconde uno specifico circolo neurologico che si divide in tre parti: segnale, routine e gratificazione. Solo una volta compreso il loop dell’abitudine è possibile iniziare a modificare il proprio comportamento e, per riuscirci, è fondamentale avere un piano. Nel libro, partendo da esempi molto concreti, Duhigg aiuta ad individuare le abitudini che non riguardano soltanto la singola persona, ma anche le istituzioni e le aziende. Le abitudini non sono un destino ineluttabile ma, imparando a trasformarle, è possibile migliorare la propria vita o incrementare la produttività di un’azienda. In pratica anche il cambiamento organizzativo, in fondo, è una questione di abitudini.
Prese nel loro complesso, le abitudini influenzano enormemente la nostra salute, il nostro lavoro, la nostra situazione economica e la nostra felicità. L’autore nel libro tratta diversi casi significativi, dove, a partire dalle proprie abitudini, e agendo su di esse, si possono ottenere grandi successi, come quel generale americano che riuscì ad eliminare i tumulti di piazza in Iraq, oppure l’impresa del nuotatore Michael Phelps, che ottenne i suoi record mondiali nonostante avesse occhialini difettosi.


Scheda del libro:
Titolo: “La dittatura delle abitudini”
Autore: Charles Duhigg
Editore: Corbaccio
Anno: 2012
Costo: 18.80 euro
Pagine: 432