Un’ esperienza di formazione
Recentemente, nell’ambito di un
contesto amministrativo provinciale si è deciso di organizzare un percorso
formativo sul Project Management Sociale (PMS), per venire incontro alle crescenti
difficoltà con cui si trovano a confrontarsi gli operatori di questo settore,
dovute alle evoluzioni organizzative ed alla complessità sociale.
L’aggiunta della parola “Sociale” ad
una metodologia generalmente definita “Project Management” è dovuta alla
consapevolezza dell’esigenza di una personalizzazione da effettuarsi su una
tecnica che si è sviluppata nel settore privato, e che quindi si ispira a
valori e criteri propri di questo settore.
Il project management
Il
project management è uno strumento di lavoro con contenuti metodologici e
culturali che può ovviare a problematiche inerenti:
- La necessità di miglioramento continuo nelle organizzazioni, a fronte di fenomeni che ne imbrigliano la crescita e lo sviluppo;
- L’urgenza di addivenire a soluzioni di tipo innovativo, soprattutto in situazioni dove il tempo ha sedimentato modalità di azione organizzativa inefficaci, a fronte di atteggiamenti rinunciatari;
- L’atteggiamento del management, i cui risultati sono scarsamente valutati o valutati in maniera ambigua, anche a fronte di evidenti inefficienze.
Logiche
del progetto formativo
In base alle considerazioni sin qui
effettuate, la progettazione dell’intervento formativo sul PMS, nell’ambito del
servizio pubblico, ha dovuto tener conto di alcuni fattori:
- Lo scarso utilizzo di strumenti di pianificazione (budget) e di valutazione dei risultati;
- La natura stessa del servizio, che nella sua intangibilità rende difficile una rappresentazione condivisa da parte degli operatori sia dell’oggetto di lavoro, sia del processo necessario alla sua realizzazione[1], rendendo così problematica ogni forma di progettazione e pianificazione;
- I vissuti di “frammentazione” generati negli operatori dai continui cambiamenti, accompagnati, peraltro, a una progressiva “flessibilizzazione” del lavoro.
Il progetto formativo
Il progetto ha quindi la finalità di
implementare l’uso del PM “Sociale” nella gestione dei progetti di responsabilità
dei capi che partecipano al processo di formazione. Conseguentemente gli obiettivi
dell’intervento sono stati:
- L’apprendimento e la co-costruzione, da parte dei partecipanti, delle tecniche del PMS articolato nelle sue fasi costitutive: ideazione, pianificazione, realizzazione e controllo;
- Il trasferimento pratico e concettuale delle metodologie nell’ambito delle attività quotidiane, sperimentando e concettualizzando le difficoltà emergenti sia di tipo pratico che di tipo culturale;
- L’adattamento della metodologia (anche a livello individuale), alle diverse realtà portate dai partecipanti, senza che ciò costituisca una perdita di efficacia del metodo;
- L’evidenziazione delle “resistenze” individuali e di gruppo nei confronti dell’utilizzo della nuova metodologia.
Risultati
del processo formativo e considerazioni finali
Ai formatori è apparso fin dall’inizio
che i partecipanti al seminario fossero realmente portatori di realtà
organizzative a “complessità crescente”. Ciò è emerso soprattutto dai racconti
portati nell’analisi degli autocasi e dalle mappe.
Un lungo lavoro è stato dedicato alla
ricostruzione dei contesti, dove molto spesso si intravista una realtà
organizzativa dai confini indefiniti, il cui senso complessivo sfugge ai
“portatori dei casi” stessi.
Tutto ciò, nei vissuti dei partecipanti,
non appare come una realtà da accettare e con cui fare i conti, ma piuttosto
come un impedimento all’azione, un “blocco” generatore di un forte disagio
personale, su cui si può però far leva per manifestare la propria impotenza.
Quando il paziente lavoro di
“chiarificazione”, operato con il supporto dei consulenti, ha evidenziato delle
coordinate che, se pur definite in maniera approssimativa, sono tali da aprire
a possibilità di azioni o di interventi, sono sembrate emergere le difese
individuali e di gruppo che vanno a colludere e a rendere “opaca” la
complessità esistente, autorizzando il ritrarsi, il chiamarsi fuori.
Tutto ciò si concretizza
nell’apprendimento, condiviso all’interno del gruppo dei partecipanti, che la
complessità può essere approcciata solo attraverso lente e continue costruzioni
di senso, che non possono però prescindere dalla relazione organizzativa ed
emotiva che i vari soggetti instaurano con il proprio contesto lavorativo.
Uno dei vantaggi del PM è che un
progetto, una volta lanciato, permette al gruppo di lavoro una relativa
autonomia dal contesto più generale. La gestione del progetto consenta un campo
di azione più definito e meglio delimitato dell’organizzazione nel suo complesso,
a condizione che le varie fasi di ideazione, pianificazione, realizzazione e
valutazione vengano attuate con una metodologia corretta e puntuale.
[1] Vedi a questo proposito l’articolo di Franco Natili - La formazione nei servizi pubblici. Intervista a Cesare Kaneklin –
FOR. Rivista per la Formazione –
Luglio-Dicembre 2000 – n°44-45