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giovedì 3 novembre 2011

Conquistare il cliente

Conquistare il cuore del cliente: il caso Southwest e Zappos

Riuscire a costruirsi un bacino di clienti affezionati, in condizioni di mercato concorrenziali, è stata una vera e propria missione, che, per molte aziende, è andata bel al di là delle loro capacità.
In esclusiva le interviste a Joseph Pine e Justin Heeren



Joe Pine, consulente, autore di “Mass Customization: The New Frontier in Business Competition” (Personalizzazione di massa – la nuova frontiera della competizione) è considerato oggi uno dei più importanti guru in tema di business, il cui successo dura da più di venti anni. Il suo “The Experience Economy”, pubblicato con successo nel 1999, è stato indicato come uno dei migliori cinque libri di business dell’anno, come una delle migliori letture per CEO e manager e tra i primi 100 libri di tutti i tempi.

Di seguito, in esclusiva, il contributo di Mr. Pine.


1.    Mr. Pine, quanto è importante saper offrire un’esperienza memorabile al cliente, rispetto agli altri elementi del prodotto/servizio, per riuscire e a renderlo fidelizzato?

“Nell’economia attuale la messa in scena di un’esperienza coinvolgente è fondamentale. Beni e servizi sono ovunque, sono diventati ormai delle commodities, così ciò che i clienti stanno cercando è quell’esperienza definita memorabile, che sfavilla nei loro ricordi per sempre”.
  
2.    Che tipo di caratteristiche dovrà avere il personale per offrire servizi eccezionali?

“La prima cosa che il personale deve capire – e che il management deve chiarire – è che il lavoro è teatro. Il lavoro come teatro non è solo una metafora, ma un modello: IL LAVORO È TEATRO. Solo un lavoro messo in scena nel modo giusto genera passione per ciò che si fa, interesse per l'azienda ed empatia con i clienti”.

  
3.    Come può il management stimolare il personale a far vivere esperienze eccezionali ai clienti?

Se la Direzione RU vuole che il personale metta in scena esperienze memorabili deve fornire gli strumenti per farlo, creando una “grande esperienza” per l’intero staff. Il personale ha bisogno di vivere l’esperienza sulla propria pelle, in prima persona, per poterla ricreare e farla vivere al cliente. Penso, in particolare, alla necessità di costruire un’esperienza che sappia trovare il giusto equilibrio tra divertimento (che cosa può piacere ai dipendenti?), formazione (che cosa hanno bisogno di imparare i dipendenti?), evasione (cosa devono fare?) ed estetica (come possono farlo?)

lunedì 5 settembre 2011

Leadership Trasfomazionale


Il caso Semco

Lucas è un giovane operaio metallurgico che vive e lavora in Brasile. Nell’azienda in cui lavora l’ambiente è sterile, ed il clima è rigido. Queste condizioni sono il risultato di relazioni industriali ostili, che, nel corso degli anni, hanno costantemente aumentato le tensioni tra le parti sociali. Lucas ed i suoi colleghi agiscono da sovversivi nei confronti del management: sono responsabili di azioni di sabotaggio casuali, furti, atti vandalici e rallentamento del flusso di lavoro. La cultura dei lavoratori, le percezioni, i sentimenti, i pensieri che Lucas ed i suoi colleghi hanno maturato in quel contesto guidano le loro azioni e minano la loro partecipazione al successo dell’intera azienda.

Oggi, pur lavorando nella stessa azienda, Lucas vive in un clima completamente diverso. Il suo equilibrio vita - lavoro è migliorato, e, al di là dei riconoscimenti, condivide il 39% dei profitti della società, che sono aumentati di oltre 200 milioni di dollari. L’organizzazione del lavoro di Lucas ha subito una profonda trasformazione: è libero di definire i propri obiettivi di produttività personale e lavora facendo volontariamente gli straordinari per raggiungere i suoi obiettivi.
Alla base di questo importante cambiamento troviamo una nuova corrente di pensiero manageriale, meglio conosciuta come Leadership Trasformazionale (Brass, 1990). Esempio e promotore di questa nuova filosofia manageriale fu Ricardo Semler, CEO e proprietario di Semco, l'azienda brasiliana che rappresenta forse oggi il più famoso caso al mondo di management partecipativo. I seguito alcuni dati significativi:
-   da 90 dipendenti del 1982 ai circa 3mila collaboratori di oggi;
-   da 4 milioni di dollari a oltre 240 milioni di fatturato;
-   un investimento di 100 mila dollari in Semco 20 anni fa avrebbe fatto guadagnare oggi 5,4 milioni di dollari;
-   turnover del personale costantemente sotto l'1%;
-   caso di studio in 76 Business school nel mondo.

L'imprenditore Ricardo Semler è stato nominato "Global leader of tomorrow" dal World Economic Forum. A soli 21 anni Semler mise in campo un progetto di trasformazione e democratizzazione di tutti gli aspetti della Semco, dalle procedure di promozione alla strategia finanziaria. In Semco non esistono organigrammi, piani strategici quinquennali, carte dei valori, mission statement, dress code o regole scritte. Il percorso della Semco verso una fiorente redditività è stato avviato da Semler e dalla sua idea di ispirare, motivare, cambiare e far crescere il personale dell’azienda. La democrazia è il fulcro del cambiamento in Semco, nonché stimolo per i dipendenti, che ricambiano il nuovo rispetto acquisito aumentando il proprio livello di partecipazione al business aziendale. Ecco altre caratteristiche del modello Semco: tutti i dipendenti, inclusi gli operai di linea, autogestiscono il proprio orario; non decidono solo quando lavorare ma anche quanto lavorare. Se passano un sabato pomeriggio in ufficio, sono incoraggiati a passare il lunedì mattina in spiaggia; l'azienda non ha un auditing interno. Nessuno fa le pulci alle note spese. Semco si sforza in tutti i modi di promuovere un clima di fiducia tra i suoi dipendenti; e siccome partecipano ai profitti dell'unità, essi hanno tutto l'interesse a evitare un comportamento fraudolento; una percentuale consistente di dipendenti fissa il proprio salario. Contemporaneamente, essi possono conoscere i salari corrisposti nelle altre aziende e i dati retributivi di Semco. I dipendenti sanno che se chiedono di essere retribuiti in maniera eccessiva, i loro colleghi si aspetteranno un trattamento analogo, a danno dei profitti; non ci sono politiche sui viaggi, e quindi non ci sono restrizioni sugli alberghi da utilizzare o sulle compagnie aeree con cui viaggiare. La convinzione è che questi principi di gestione non servano a "rendere più felici i lavoratori", ma rappresentino una forte arma competitiva per rende l'azienda più flessibile e in grado di affrontare meglio le mutevoli esigenze di mercati in evoluzione, in declino o saturi.

Uno dei vantaggi del modello di management adottato da Semco è che non richiede una leadership eroica. I leader trasformazionali, infatti, sono in grado di intuire anomalie e problemi, di proporre nuovi schemi, diversi da quelli usati nel passato, per rispondere alle tensioni provenienti dall'ambiente interno e da quello esterno. Per riuscire in ciò, devono essere in grado di creare un team e suscitare nei membri del gruppo la consapevolezza dell'importanza del lavoro di ognuno. Il leader trasformazionale fissa nuovi compiti per i dipendenti e standard di eccellenza di riferimento in base alle capacità del reparto – sempre tenendo conto della vision aziendale. A questo scopo è indispensabile la capacità di creare delle relazioni vere con i propri collaboratori, che possono aver bisogno di un percorso di riqualificazione o di coaching/mentoring per raggiungere i nuovi obiettivi, ma l’acquisizione di nuove competenze li porta, progressivamente, a ricoprire ruoli più impegnativi.

Abbiamo chiesto un approfondimento a tre noti esperti internazionali

Secondo il guru di management Dr. Marshall Goldsmith, la sfida del cambiamento dipende dalla capacità del leader di adattare il proprio comportamento in base alle esigenze dei propri dipendenti. “Per il conquistatore individuale (achiever) tutto ruota intorno all’Io. Per il grande leader, invece, tutto ruota intorno a Loro (i dipendenti). Per molte persone di successo questo è un passaggio difficile da fare”. 

venerdì 15 luglio 2011

Formazione

Hai già recuperato il tuo tesoretto?


Formare i propri dipendenti …a spese dell’Inps. O meglio: i soldi sono i tuoi, ma per legge li stai già versando. Perciò in fondo, chi paga, è la Previdenza. Viste le diffuse necessità di ristrutturazione delle aziende in periodo di crisi, l’idea è di quelle da tenere aperte sulla scrivania. Eppure già da tempo una legge vecchia di 10 anni consente di attuarla. E molti ancora non lo sanno.

Andiamo per ordine. La legge in questione è la n. 388 del 23 dicembre 2000, dal titolo “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge 388). Scorrendo all’articolo 118, si legge che il Ministero del Lavoro introduce i “Fondi paritetici Interprofessionali per la formazione continua”: una misura studiata per rafforzare occupazione e competitività delle imprese, senza però imporre oneri ulteriori a carico dei datori di lavoro.

venerdì 24 giugno 2011

A scuola di leadership

Già all’università un percorso di formazione manageriale forgia il carattere dei dirigenti di domani
Da tempo l’Osservatorio monitora il mondo dei rapporti tra le aziende e gli atenei, per conoscere lo stato dell’arte nella complessa dinamica della selezione di nuove risorse. In questo numero abbiamo focalizzato l’attenzione sui criteri per l’assessment e il placement dei giovani laureati. In quest’ottica l’Osservatorio ha  intervistato Davide Tarlazzi, coordinatore e responsabile del progetto formativo “Skills & Behaviour” al Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo di Castellanza (LIUC). Il docente ci ha illustrato il progetto che dirige da oltre 6 anni, svelandoci la filosofia e gli obiettivi che lo muovono. Ecco cosa ci ha detto.

Manager non si nasce, si diventa. Di più: da manager, ci si comporta. E chi pensa si tratti solo di una questione di etichetta, è meglio che torni a studiare.

Certamente la formazione della classe dirigente di domani è una questione di preparazione e di know-how. I giovani universitari arricchiscono i loro percorsi di studio con esami teorici e tecnici. Ma i due pilastri del cursus honorum, ovvero nozioni e abilità, da soli non bastano. Per tenere in piedi una solida formazione manageriale, serve un terzo elemento. Serve il carattere.
“Accanto al sapere e al saper fare, conta l’atteggiamento” spiega Davide Tarlazzi, coordinatore e responsabile del progetto formativo “Skills & Behaviour” al LIUC di Castellanza, in provincia di Varese.

martedì 17 maggio 2011

La redazione consiglia


“La generazione tradita”
Il saggio riprende il tema delle prospettive umane e professionali dei 20-30enni di oggi, e lo approfondisce secondo un’ottica sociologica a tratti anche esistenziale.

Nuove risorse

Puntare su storia personale  e continuità

Osservatorio Risorse umane ha intervistato Pier Luigi Celli, Direttore Generale Università LUISS di Roma, che, dopo la discussa lettera al figlio Mattia, pubblicata sul quotidiano La Repubblica nel novembre 2009, dal titolo "Figlio mio lascia questo paese", traccia un quadro cupo sul futuro professionale dei giovani nel nostro Paese.

Leggi la lettera




Ci spiega in estrema sintesi, qual è la “Generazione tradita” e perché lo sarebbe?

Tradire significa svincolarsi da un’appartenenza (e da una dimensione di impegno) al plurale. Abbiamo esposto un’intera generazione di giovani a questo sentimento e stato dell’animo, non offrendo loro, in primo luogo, memorie collettive a cui rifarsi e da condividere. La nostra generazione, come scrivo nel libro, “ha corroso anche quelle che ci hanno seguito, proprio per la sua incapacità narrativa: un’afasia “verbosa” e senza presa; laddove “tramandare” avrebbe richiesto un impegno a “fare”, mentre noi disperdevamo il nostro patrimonio in mille pretese in cui era in gioco soltanto l’apparenza, senza appeal”. 

venerdì 6 maggio 2011

Benessere organizzativo

Welfare integrativo e benessere aziendale

Ho avuto il piacere, qualche giorno fa, di parlare con il Direttore del Personale di un’importante azienda milanese, persona intelligente e visibile, che sa recepire i trend del mondo aziendale, il quale mi evidenziava come oggi un tema all’attenzione delle aziende sia il “benessere organizzativo”.
Le aziende (ma quali? di quali dimensioni? di che tipologia?) sembra stiano riscoprendo quegli elementi accessori della retribuzione che costituiscono facilitazioni nella vita quotidiana dei dipendenti, sostituendosi o integrando aspetti di welfare altrimenti propri delle istituzioni pubbliche.